domenica 27 giugno 2010

Workshop con Luigi Presicce

Una "capsula del tempo" nella quale seppellire ricordi, piccoli feticci che vengono affidati alla natura affinchè li conservi.
Chissà, magari un giorno li ritroveremo..
























sabato 12 giugno 2010

step back

Genestaro, 5 febbraio 2010
Pranzo @ Penci's, chef Cumini ai fornelli.
La macroregione in cucina. Buon appetito.









martedì 19 gennaio 2010

get lost

Il mio senso dell’orientamento è veramente pessimo. La “macro regione” è un modo per sganciarmi dalla dipendenza da Google Maps ed affidarmi semplicemente ai luoghi che per qualche motivo sono rimasti vividi nella mia memoria.
Luoghi persi nei pensieri alla ricerca di un nuovo ordine.




venerdì 4 dicembre 2009

caos d'Autore

Spesso le cose più interessanti sono quelle scovate negli angoli remoti della propria casa. Se ne stanno nascoste in armadi sovraffollati, in attesa di essere ritrovate.
Adoro frugare in questi piccoli mondi, ogni volta riscopro oggetti fighissimi dimenticati da tempo.
Paesaggi domestici rivelano un caos oltre l’ordine apparente, raccontano un’affettività legata ai particolari del quotidiano che troppe volte ignoriamo.

giallorossoverdeblu geografico

giovedì 3 dicembre 2009

giovedì 19 novembre 2009

la "macroregione sentimentale"

Ho sempre cercato di non affezionarmi troppo ai luoghi perchè questi cambiano in fretta e quando perdono l’aspetto che hanno nei ricordi, è come se perdessi anche una parte di questi.
Mi affascina tutto ciò che è vecchio e fatiscente.
Forse è per questo che il primo luogo a cui ho pensato è il famoso “Zero”, locale ad Azzano S.Paolo (BG) chiuso da poco più di un anno. Quando a 18 anni hai finalmente la possibilità di farti i cazzi tuoi, non c’è cosa migliore che trovare un posto che puoi definire “casa”.
Qualche settimana fa, in una tranquilla domenica pomeriggio ho deciso di tornarci per scattare qualche fotografia (rischiando il linciaggio da parte di un vecchietto della zona, secondo il quale scavalcare un cancello arrugginito è “reato”).
Per molti che quelle quattro mura le hanno vissute, queste fotografie significheranno lacrime. Per tutti gli altri, forse, saranno solo un ritratto decadente di un edificio ormai prossimo alla demolizione.
Come dopo un’apocalisse, curiosando nel cortile esterno all’edificio ho avuto la sensazione che fosse stato abbandonato tutto il più in fretta possibile. Bicchieri vuoti dell’Havana Club, giornali recapitati e mai letti, e persino le tessere di coloro che lì dentro ci lavoravano, sparse qua e là tra i rovi.
Finalmente arrivo davanti all’entrata: la porta spalancata, segno che qualcuno prima di me è voluto tornare là dentro a curiosare, spinto da un’irrefrenabile nostalgia(o più probabilmente ora l’edificio è la residenza di qualche barbone).
Dopo un lungo tentennare lungo il vialetto, mi incammino verso l’ingresso con cautela, quasi stessi entrando in casa di qualcuno senza avere il permesso. Arrivo a quello che era il tavolo per le liste, aspettandomi di veder sbucare da un momento all’altro un buttafuori incazzoso. Ma niente. Solo un silenzio surreale e un buio pesto oltre il corridoio d’entrata.
Un groppo alla gola di quelli che tolgono ogni parola
e sono tornata indietro.