giovedì 19 novembre 2009

la "macroregione sentimentale"

Ho sempre cercato di non affezionarmi troppo ai luoghi perchè questi cambiano in fretta e quando perdono l’aspetto che hanno nei ricordi, è come se perdessi anche una parte di questi.
Mi affascina tutto ciò che è vecchio e fatiscente.
Forse è per questo che il primo luogo a cui ho pensato è il famoso “Zero”, locale ad Azzano S.Paolo (BG) chiuso da poco più di un anno. Quando a 18 anni hai finalmente la possibilità di farti i cazzi tuoi, non c’è cosa migliore che trovare un posto che puoi definire “casa”.
Qualche settimana fa, in una tranquilla domenica pomeriggio ho deciso di tornarci per scattare qualche fotografia (rischiando il linciaggio da parte di un vecchietto della zona, secondo il quale scavalcare un cancello arrugginito è “reato”).
Per molti che quelle quattro mura le hanno vissute, queste fotografie significheranno lacrime. Per tutti gli altri, forse, saranno solo un ritratto decadente di un edificio ormai prossimo alla demolizione.
Come dopo un’apocalisse, curiosando nel cortile esterno all’edificio ho avuto la sensazione che fosse stato abbandonato tutto il più in fretta possibile. Bicchieri vuoti dell’Havana Club, giornali recapitati e mai letti, e persino le tessere di coloro che lì dentro ci lavoravano, sparse qua e là tra i rovi.
Finalmente arrivo davanti all’entrata: la porta spalancata, segno che qualcuno prima di me è voluto tornare là dentro a curiosare, spinto da un’irrefrenabile nostalgia(o più probabilmente ora l’edificio è la residenza di qualche barbone).
Dopo un lungo tentennare lungo il vialetto, mi incammino verso l’ingresso con cautela, quasi stessi entrando in casa di qualcuno senza avere il permesso. Arrivo a quello che era il tavolo per le liste, aspettandomi di veder sbucare da un momento all’altro un buttafuori incazzoso. Ma niente. Solo un silenzio surreale e un buio pesto oltre il corridoio d’entrata.
Un groppo alla gola di quelli che tolgono ogni parola
e sono tornata indietro.



























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